La Tirannia della Firma: Perché Seguiamo il Personaggio e non l’Idea
di Emiliano Gioia
Siamo in un’epoca di sovraccarico informativo, eppure la nostra capacità di giudizio sembra essersi atrofizzata. Non contano più i fatti, la logica o la coerenza di un’idea. Ciò che conta, e che spesso la rende “vera” ai nostri occhi, è un elemento semplicissimo: la Firma di chi la pronuncia.
Viviamo in un culto del Personaggio, dove la notorietà e il carisma vengono scambiati per autorità, trasformando la fama in una patente di verità a tutto tondo.
Accettiamo il messaggio perché ammiriamo il messaggero, delegando il nostro pensiero critico a chi ha la voce più forte.
Ma questa dipendenza dal nome non è soltanto un errore di valutazione, è una falla logica fondamentale: la validità di un’affermazione non dipende in alcun modo dalla competenza o dalla celebrità di chi la esprime. Un’idea sensata resta tale anche se pronunciata da un anonimo; un’assurdità non diventa intelligente solo perché amplificata da un milione di follower.
La Scatola Sigillata di Manzoni e la Viralità Lampo
Per capire quanto sia radicata questa dinamica, dobbiamo guardare a una delle più grandi e irriverenti provocazioni dell’arte moderna: la “Merda d’Artista” di Piero Manzoni.
Nel 1961, Manzoni produsse novanta scatolette di latta, etichettandole come contenenti i propri escrementi e vendendole al prezzo dell’oro. La sua non era una vendita, ma una feroce satira. Manzoni denunciava un sistema in cui la firma dell’artista aveva acquisito un valore talmente trascendente da conferire pregio a qualsiasi cosa — anche il prodotto più abietto del corpo — semplicemente perché era suo.
Oggi, questa scatola sigillata è il perfetto specchio della nostra società dell’informazione, specialmente nell’era digitale.
L’Abuso dei Tre Secondi
I social media e le piattaforme video brevi hanno istituzionalizzato il culto del contenitore. L’algoritmo premia chi riesce a “colpire nei primi tre secondi”, abituandoci a ricercare lo shock, il gesto estremo, l’espressione caricata o l’affermazione gridata, piuttosto che la sostanza.
Questo meccanismo di viralità immediata è una fabbrica di “personaggi” e un distruttore di concetti: chi vince è l’abile performer del video, non l’analista dell’idea. La nostra attenzione, plasmata da questi stimoli rapidi, si focalizza solo sulla confezione: l’oggetto è prezioso perché è noto (virale), non perché è valido (contenuto).
L’Illusione della “Vera” Competenza
L’affidamento cieco si basa su un’idea quasi sacra di competenza e autorità. Ma cosa significa essere davvero competenti?
Dobbiamo riconoscere che la competenza istituzionale è spesso il frutto di un indottrinamento nozionistico, un sistema formativo normato e veicolato da un’élite. È la classe sociale che detiene il potere di scrivere le regole a stabilire chi può parlare con autorevolezza, veicolando inevitabilmente i propri interessi. Accettare la “competenza” senza filtro significa, in molti casi, accettare un’autorità pre-confezionata che serve uno specifico ordine stabilito.
Inoltre, anche i massimi esperti sono esseri umani. Il senso comune, quell’insieme di credenze e pregiudizi non sistematici che permea la società (per dirla alla Gramsci), condiziona inevitabilmente anche la coscienza dei “competenti”. La loro formazione può essere impeccabile, ma il loro giudizio e le loro interpretazioni sono sempre viziate dal clima culturale e dagli interessi della loro cerchia.
La Paralisi del Pensiero Critico
Quando l’idolatria prevale sulla logica, il dibattito pubblico muore. Se critichi il concetto, vieni accusato di attaccare il personaggio in sé. La fama garantisce una sorta di immunità intellettuale, paralizzando ogni critica costruttiva.
L’accettazione del Personaggio diventa una scorciatoia emotiva e sociale: ci fa sentire parte di una comunità che lo segue, sollevandoci dallo sforzo di analizzare i concetti più complessi. Ma questo meccanismo trasforma idee inconsistenti, superficiali o infondate nella “merce” più ricercata: l’opinione amplificata. La fama agisce come una cassa di risonanza non per il merito dell’idea, ma per la potenza del nome.
L’Appello all’Apertura della Scatola
Il monito di Manzoni risuona oggi più che mai come un dovere intellettuale: dobbiamo smettere di comprare le “scatole” sigillate.
La sfida del nostro tempo non è trovare il personaggio giusto da seguire, ma tornare a concentrarsi sul merito e sul contenuto. Dobbiamo imparare ad aprire ogni scatola, a valutarne l’odore e la sostanza, e a giudicare il messaggio indipendentemente dalla firma che porta o dalla performance che lo veicola.
È ora di chiederci, davanti a ogni affermazione altisonante: Se togliessimo la firma dal concetto, l’idea resisterebbe comunque alla prova della logica e della verità? Se la risposta è no, ciò che stiamo comprando è solo una costosa scatoletta di latta.







